Mai come stavolta la frase “è presto” rischia di avere un valore relativo. In fondo la nuova squadra biancorossa lavora assieme da oltre due mesi, con solo un paio di giocatori che si sono aggiunti in chiusura di mercato estivo. E la prestazioni ufficiali, quelle con i 3 punti in palio, Coppa Italia compresa, non sono per nulla migliorate con il proseguire delle gare. Anzi, siamo arrivati al patatrac col Modena che ha messo insieme tante, troppe cose che non funzionano nella rinnovata truppa di Possanzini. Di sicuro la campagna acquisti non ha contribuito, finora, ad alzare il livello di qualità come era stato detto e pensato. Partendo dalla difesa, anche più debole dello scorso anno sulle palle inattive per la contemporanea partenza di Brignani, Redolfi e pure De Maio. Che al di là degli effettivi meriti o demeriti garantivano una fisicità decisamente superiore dei vari Mantovani e Castellini. Andando a spaziare sulla fascia sinistra dove qualcuno forse si dimentica che Bani in C faceva il centrocampista vice Burrai. Da oltre un anno é insostituibile anche perché un esterno di ruolo non arriva. Si è inseguito vanamente lungo Fellipe Jack dal Como, alla fine é stato acquistato il giovane Mullen, mai utilizzato, che candidamente ha ammesso di non aver giocato quasi mai lì.
Capitolo centrocampo. Si é fatto capire da subito a Burrai che non si sarebbe puntato su di lui, mettendolo giorno dopo giorno in condizione di andarsene. Il suo sostituto naturale, Majer, finora lo sta facendo rimpiangere. Attenzione, stiamo parlando comunque di un giocatore con un curriculum di rilievo in A e B, non un giovane in cerca di spazio. Al di là della clamorosa autorete di sabato, si muove anche magari di più dell’ex capitano ma sembra difettare di quella personalità da leader carismatico che prende per mano la squadra. Probabilmente perchè sta ancora capendo i meccanismi tattici di una squadra che non sembra nemmeno, ora come ora, un cantiere aperto. Questo equivoco abbassa il rendimento di Trimboli, lo scorso anno dal rendimento altissimo, che si ritrova quasi un pesce fuor d’acqua, costretto a tamponare e anche spesso ad impostare. Le alternative? Il buon Wieser, ragazzo anche dinamico ma con caratteristiche diverse, bravo ad allungarsi quando la squadra gioca in avanti ma limitato in fase di chiusura. Ci sarebbe da parlare pure di Paoletti, visto 3-4 volte da febbraio scorso ma la sua mancata convocazione già da sola la dice lunga.
In attacco abbiamo 7 trequartisti (Galuppini, Ruocco, Marras, Falletti, Bragantini, Caprini e Fiori), davvero troppi per poterli utilizzare tutti. Davvero troppi. A Mancuso e Mensah, dei quali conosciamo pregi e difetti, si é unito Bonfanti che a sua volta fatica a giocare spalle alla porta. Col risultato che dei tre gol finora realizzati due sono arrivati su calcio di rigore. Insomma, più che un cantiere aperto il Mantova di oggi somiglia di più ad una catasta di mattoni e pietre davanti ad un’area fabbricabile. Con l’aggravante che pure nella testa degli architetti-geometri Botturi e Possanzini le idee restano a livello di pure intenzioni.
Ed eccoci al nodo tecnico. Al di là dei risultati, diciamoci la verità, la piazza non ha mai stra-amato Possanzini. Reo di praticare un calcio troppo elaborato, fatto di lunghi possessi palla, talvolta sterili, che però negli ultimi due anni producevano anche fiammate di gioco offensivo che ora non si vede più. La sinergia con il Ds é blindata, chiusa a riccio, e non sentiremo nessuno criticare le scelte dell’altro. Anche su qualche modifica tattica ad un modulo che sembra avere perso la propria identità e, ancora peggio, la personalità e la sicurezza nelle giocate. Esiste però una società alle spalle che ha il dovere, più che il diritto, di chiedere il come e perché di questo andazzo. Con scelte correttive anche radicali. Tardi per fare dietrologia e dire che occorreva iniziare un nuovo ciclo o si sono sbagliati gli acquisti. Sarà anche vero ma ora bisogna guardare avanti. Non dando per scontato nulla, men che meno che “lavorando con il tempo le cose si sistemeranno”. Il calcio non é scienza esatta, necessita decisioni quando è il caso. 34 partite sono un’enormità però serve avere la lungimiranza per capire se il sentiero che si sta battendo é quello giusto. Altrimenti si rischia di perdersi nel bosco, di essere sopraffatti dalla sera incombente e rischiare di scivolare nel burrone.
A.S.