“Sic transit gloria mundi” dicevano i latini. Ovvero, quanto sono effimere le glorie terrene. La cosa più spiacevole ieri sera, al di là della sconfitta alla quale purtroppo in questa stagione i tifosi biancorossi si stanno abituando, è stata il vedere crollare dopo 18 mesi un rapporto che sembrava solido come il cemento.
Era aprile 2024 quando il pullman dei giocatori in trasferta a Meda per giocare contro il Renate, fece dietrofront per dare il via ad una festa di piazza in città senza precedenti. Con Mister Possanzini, il Ds Botturi ed il presidente Piccoli osannati insieme al gruppo che aveva conquistato, grazie al mancato successo del Padova, la promozione in Serie B. Un entusiasmo inaspettato e per questo ancora più forte e genuino, rinfocolato dalle parole del presidente che voleva inaugurare un ciclo vincente e duraturo negli anni. Senza follie, per evitare fallimenti che in Viale Te erano quasi diventati la norma.
Un anno e mezzo dopo, esaurito il sofferto ma positivo primo campionato di B scorso, è andato in scena un tutti contro tutti. Esasperato certamente dalle tensioni di questo inizio stagione, con un Mantova spesso vittima delle avversarie e malinconicamente ultimo in classifica. Ha fatto male vedere Possanzini, condottiero di quella esaltante cavalcata, girarsi a più riprese verso il pubblico della tribuna per rispondere a offese e insulti. Un professionista non dovrebbe lasciarsi andare a certi gesti, anche se è molto probabile che le offese siano state particolarmente pesanti anche a livello personale. Ha fatto male anche vedere il presidente Piccoli, spesso garante in questi anni di un progetto ambizioso a medio-lungo termine, essere trattenuto a stento per evitare di scagliarsi su un tifoso che lo aveva apostrofato con male parole. Come ha fatto male vedere la squadra, spesso in simbiosi con la Curva Te, essere respinta ed insultata a fine gara dopo l’ennesimo ko interno.
Il giocattolino si è rotto, inevitabile dire il contrario, ed è proprio ora il momento di provare a raccogliere i cocci e tentare di ricostruirlo. Perché la cosa peggiore, più dei risultati, è lo spegnimento della passione popolare per un Mantova che faceva sentire orgogliosi di quanto faceva in campo ed anche fuori, con iniziative lodevoli sul piano sociale. In attesa di comunicazioni ufficiali, il ciclo di Possanzini e Botturi è finito. Succede nel calcio e fa parte della prassi comune nello sport. Si chiuse il ciclo straordinario di Fabbri negli anni 50/60, si chiuse quello dei 12 anni di A e B consecutivi negli anni 70, quello magico di Di Carlo dalla C2 ad un soffio dalla A. Nel ringraziare Possanzini e Botturi per l’impegno dato alla causa, allenatori e dirigenti passano, saranno ricordati e poi ricominceranno la loro carriera altrove. Magari con anche maggiori soddisfazioni. Quelli che restano, qui a Mantova, sono i tifosi. Anche quelli che reagiscono con troppa veemenza ma che però sono sempre pronti ad accendersi e sostenere la squadra del cuore. Bene o male ci sono 6000 abbonati che hanno dato fiducia incondizionata a questo progetto, altri generosi sponsor che si sono affiancati per costruire qualcosa di importante per città e provincia. Sì, perché il calcio, nella sua semplicità, qui è ancora una cosa che conta.
Oltre ai tifosi quella che resta è la società. Proprio per tenere viva la fiammella della speranza e della progettualità, Piccoli una volta smaltita la rabbia, la delusione e lo sconcerto deve provare a ripartire. Con un progetto nuovo, altre figure professionali delle quali lo sport ne è pieno. L’importante è cercare di fare la scelta giusta, anche se come sempre solo alla fine si saprà come andrà a finire. In fondo mancano 28 partite che sono un’enormità per agguantare una salvezza che rimane ad una manciata di punti. Il cambio tecnico probabilmente lo avremmo fatto prima, avevamo intuito gli errori in fase di mercato e quelli dell’allenatore. Non avremmo scommesso su un’evoluzione positiva della vicenda, al di lá delle colpe presunte e oggettive. Ma non è questo il tempo della dietrologia. Guardiamo avanti. Sistemiamo le cose e ripartiamo. Poi l’obiettivo potrà essere centrato o meno, l’importante è che tutti i bei progetti messi a cantiere non crollino dalle basi. In questo senso il presidente Piccoli, finché sarà al timone, continuerà ad esserne garante.
A.S.