Il ritorno in panchina è coinciso con la sfida allo Sporting Club, capolista del Girone G di Prima categoria, e il battesimo di fuoco per Gianluca Manini sulla panchina della Serenissima non poteva essere migliore: “Sono stati bravi i ragazzi -sorride l’ex direttore tecnico della Castellana– perché ci hanno messo tanta intensità, hanno interpretato bene la partita e con un pizzico di fortuna sono riusciti a portare a casa una vittoria importante. Lo Sporting ha comunque dimostrato di essere una signora squadra, molto forte davanti e sicuramente rimane tra le favorite”.
STAGIONE 2024/25: IERI E OGGI
“La Castellana -sottolinea Manini– è stata una bellissima scoperta, ho conosciuto un ambiente e una società fatti di persone davvero splendide con le quali mi sono trovato benissimo. Certo, la voglia di tornare in panchina è stata più forte di tutto ma prima di accettare la proposta della Serenissima ne ho parlato con il direttore sportivo Alessandro Novellini e non ci sono stati problemi. Ritengo che quella di Mister Arioli sia una squadra forte e adesso con l’innesto di Nardi possa fare molto bene”. “Qui a Roncoferraro -prosegue- c’è un gruppo di ottimi giocatori e bravi ragazzi e io cercherò di portare le mie idee e la mia organizzazione in campo e anche disciplina fuori dal terreno di gioco. Credo che oltre a fare risultati ci si debba divertire, poi naturalmente la società si è posta degli obiettivi e sicuramente sta muovendosi sul mercato per fare un girone di ritorno importante. Centrocampo e attacco sono i reparti in cui dovremo intervenire”.
DAL CAMPO ALLA PANCHINA
“Ho smesso di giocare -ricorda il neo allenatore della Serenissima– a 29 anni dopo un infortunio al ginocchio e l’allora patron del Castiglione Rossano Zilia, cui sarò sempre riconoscente, mi propose di guidare i Giovanissimi. E da lì sono passato agli Allievi, poi la Juniores fino alla Prima squadra. Le giovanili costituiscono una bella palestra perché ti permettono di capire tante situazioni, ad esempio come si preparano gli allenamenti, e ti danno una visione a 360 gradi del calcio. Certo, la prospettiva cambia completamente: i ragazzi vanno fatti crescere tecnicamente e caratterialmente, mentre quando alleni i grandi devi pensare al risultato. Personalmente, ricordo con piacere ed affetto le esperienze fatte alla Bedizzolese, al Ciliverghe e alla Governolese: sono le tappe principali della mia carriera, tre ambienti in cui sono stato benissimo e dove mi sono divertito oltre a vincere qualcosa”. “A livello dilettantistico -aggiunge Manini– l’allenatore deve essere umano, disponibile nei confronti dei giocatori e deve mettersi al loro servizio creando una buona armonia all’interno dello spogliatoio. Tutto il resto viene dopo anche perché con due o tre allenamenti in settimana, si può incidere non tanto sul piano tattico ma soprattutto su quello mentale. A me piacciono Klopp, Guardiola e Conte: tre allenatori che sanno lavorare bene e dare un’organizzazione precisa e riconoscibile alle loro squadre”.
NELLA VITA
“Fin da bambino -conclude- mio padre mi portava al Martelli a vedere il Mantova e spesso andavamo a casa del nostro amico di famiglia Roberto Boninsegna che, oltretutto, di mio padre è stato testimone di nozze. Il mio cuore nerazzurro lo devo anche a questo e il mio idolo è stato Lothar Matthaeus, pilastro dell’Inter di fine anni 80”.
Stefano Aloe