Se la prima parte della stagione fosse una canzone, per l’Asola sarebbe sicuramente “Si può dare di più” dell’inedito trio Tozzo-Franzini-Beretta, rispettivamente presidente, allenatore e capitano della formazione biancorossa, giunta solamente in nona posizione al giro di boa con 18 punti, a due lunghezze dalla zona play-out. Con il 34enne baluardo della retroguardia ascolana, abbiamo analizzato questo travagliato girone d’andata.
STAGIONE 2024/25
“Il bilancio è negativo –sottolinea Beretta– pensavamo di fare tutt’altro percorso e invece ci è girato tutto male con tante, troppe partite perse negli ultimi minuti. Inoltre, alcuni elementi non sono riusciti a inserirsi, altri come Buonaiuto hanno preferito andare altrove e poi ci si sono messi anche gli infortuni a peggiorare la situazione. Direi che nel complesso, si è respirato un clima difficile per colpa di tutti e nel 2025 speriamo di ritrovare unità e compattezza, lavorando sui nostri errori soprattutto in fase difensiva”. “E’ il momento -aggiunge- in cui ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, io in primis perché sono il capitano e anch’io so di aver sbagliato in alcuni atteggiamenti quando sono rimasto in panchina e questo non deve più ripetersi. Ci ho riflettuto sopra e adesso ho capito che per essere leader bisogna pensare esclusivamente al bene della squadra e dare sempre il massimo anche quando non si gioca dal primo minuto”. “Nel 2025 –spiega Beretta– abbiamo l’obbligo di fare un grande girone di ritorno e ne abbiamo tutte le possibilità anche se è molto difficile recuperare sulla Pavonese e lo Sporting Brescia. In particolare, la Pavonese credo sia una spanna sopra a tutti quindi meglio non pensare a vincere il campionato ma ragionare partita per partita e cercare di rientrare in zona play-off. A patto però di non sbagliare più nulla perché abbiamo esaurito tutti i bonus”.
LA CARRIERA
“Sono nato a Asola –racconta il capitano biancorosso– il 9 settembre 1990 e vivo ad Acquanegra. Fra le tappe principali della mia carriera, innanzitutto c’è il campionato di Promozione vinto a Castellucchio quando ero “quota”. Personalmente, sarei rimasto alla Juniores e invece sono passato alla Rivaltese dove in quei due anni ho conosciuto Mister Smania, il migliore allenatore che ho avuto. Dopo una stagione a Gussola, sono ripartito dalla Seconda categoria ad Acquanegra con Mister Novellini. Successivamente, ho giocato un anno nella Bassa Bresciana prima della grande svolta avvenuta con il passaggio allo Sporting Club, ancora con Alessandro Novellini come allenatore. Lì ho trascorso sei bellissimi anni dove davvero ho dato il meglio di me stesso. Venire qui all’Asola è stato come tornare a casa ed essendo diventato capitano anche la definitiva consacrazione”.
FUORI DAL CAMPO
“Lavoro nell’azienda di famiglia -conclude- che opera nel settore florovivaistico, assieme a mio padre e mio fratello. Ma l’attività principale è occuparmi di mia figlia di 5 anni. La passione per il calcio è nata da piccolissimo grazie a mio cugino, nel corso degli anni da punta sono indietreggiato fino a difensore centrale e in questo ruolo mi sono ispirato a Fabio Cannavaro. Da tifoso bianconero, la Juventus che porto nel cuore è quella degli Anni 90 con Del Piero, Vialli e Ravanelli”.
Stefano Aloe