Cinque vittorie e un pareggio nelle sei giornate del girone di ritorno, ovvero da quando è subentrato a Mister Petrozzi: un inizio da favola per Fabrizio Pini sulla panchina del San Lazzaro. “Tutto è girato bene -sorride l’ex tecnico del Borgo Virgilio– stiamo molto bene fisicamente e mentalmente, da parte mia ho soltanto proseguito il lavoro del mio predecessore senza stravolgere nulla e i risultati sono cominciati a venire. Ma la strada è ancora lunga”.
UNA STAGIONE, DUE SQUADRE
“La mia stagione -ricorda Pini– è iniziata al Borgo Virgilio in Seconda categoria e dopo sette giornate ho rassegnato le dimissioni. Fino a quel momento, stavo facendo un buon lavoro che avrebbe potuto dare dei frutti nel giro di un paio d’anni. La società invece voleva subito la promozione e su questo punto avevamo visioni che non potevano coincidere e quindi ho capito di non essere più la persona adatta”. “Da un mese e mezzo -prosegue il tecnico del San Lazzaro– affiancavo il collega Makris Petrozzi prima che prendesse la decisione di lasciare la guida della squadra e ho cercato di convincerlo a ripensarci. Questo breve periodo trascorso insieme mi è stato utilissimo per conoscere la nuova categoria, è un’esperienza inedita per me allenare due formazioni diverse nell’arco della stessa annata”.
PRESENTE E FUTURO
“Sono arrivato al San Lazzaro -sottolinea Mister Pini– con umiltà, senza sentirmi il salvatore della patria e cercando di dare continuità all’ottimo lavoro e al rapporto con i giocatori intrapreso da Mister Petrozzi. C’è un confronto sempre aperto con la squadra e la volontà di portare gli episodi a nostro favore, merito anche del preparatore atletico visto che i ragazzi corrono dal primo all’ultimo minuto”. “Ognuno ha il suo carattere -afferma- e ogni allenatore vede il calcio alla sua maniera, nella lettura della partita e nella cura dei dettagli. In questo girone di ritorno volevamo partire forte per avvicinarci alla quota salvezza e ci siamo riusciti. Adesso mancano pochi punti e poi vedremo di chiudere il campionato in bellezza”.
DAL CAMPO ALLA PANCHINA
“Giocavo nel Suzzara -racconta l’allenatore del San Lazzaro– quando il club bianconero militava nei Professionisti ma purtroppo circa 30 anni mi sono letteralmente distrutto un ginocchio e questo mi ha indotto a fare la scelta di allenare. Volevo restare nel mondo del calcio e dedicarmi ai giovani, in modo tale da non portare via troppo tempo alla famiglia. Per questo ho rifiutato la panchina delle Prime squadre, almeno fino a poco tempo fa…”.
VITA PRIVATA
“Lavoro in un caseificio -conclude- da 28 anni ma la mia attività principale è quella di padre e in particolare di seguire i miei due figli che giocano entrambi a calcio. E che come me sono tifosi della Juventus”.
Stefano Aloe