La storia del Mantova calcio è fatta di alti e bassi vertiginosi, di discese ardite e di risalite. Due o tre promozioni consecutive, quasi quattro, poi altrettanti fallimenti che hanno costretto spesso a ripartire da zero. Si potrà obiettare che il tifoso biancorosso abbia la bocca buona, che sia un brontolone, che non si accontenti mai. Non certo che si dimentichi da dove è venuto, viste le tante società farlocche che hanno preso in giro lui e il blasone. Viste anche le poche soddisfazioni: la A manca da 53 anni, nei quali solo 7, compreso quest’anno, di Serie B. Era stata accettata anche la retrocessione sul campo in D di due anni fa, prima del miracolo tecnico e sportivo firmato Botturi-Possanzini ed il suo gruppo di giocatori dello scorso anno con l’esaltante promozione dalla C.
Il problema, a nostro avviso, è proprio questo. Dopo anni di miserie, di navigazioni a vista, di parole al vento e prese in giro, il presidente Filippo Piccoli sembra avere inaugurato una nuova era. Fatta di bilanci sani, di programmazioni mirate, di giovani motivati, di investimenti su strutture. Tutte cose solo sognate o invidiate ad altri club vicini o lontani che per anni sono stati da esempio. Diciamo Chievo, Cittadella per non volersi sbilanciare su Empoli che forse viaggia su un’altra dimensione. Perseguendo questo obiettivo, per dare stabilità alla società ed al progetto, è stata dettata la linea per il 2024/25 in B: salvezza unico vero obiettivo, da centrare anche all’ultima giornata, magari anche tramite i play-out, possibilmente però evitandoli. Sul piano sportivo poi il tutto è stato affidato alla “coppia dei sogni” Botturi-Possanzini. Con il primo chiamato a ripetere il mercato sorprendente dell’estate 2023, quando portò in riva al Mincio ragazzotti sconosciuti mettendoli sulla rampa di lancio. Al secondo invece è stato dato il compito di mantenere la categoria anche attraverso il gioco spumeggiante che ha stupito l’Italia calcistica e imorgoglito i tifosi mantovani. Scommessa non facile per la qualità medio bassa dell’organico, con giovani da testare nella Serie B, anziani a loro volta al debutto ed un mercato che di fatto non ha spostato in maniera determinante il livello tecnico verso l’alto.
Ricordato tutto questo, la classifica ed il cammino rientrano nella norma. Non fosse però che la tendenza dei risultati è al ribasso, le prestazioni spesso non producono i punti sperati e le più attrezzate vincono. I mugugni e le paure della piazza sono proprio questi. L’area tecnica continua a spargere ottimismo a piene mani, ci si salverà perché l’unica strada é quella del gioco. Lo speriamo tutti ardentemente ma se non fosse così? Il mercato di gennaio di fatto è stato snobbato proprio per la fiducia nei giocatori e nel laboratorio del tecnico. Il quale da una parte, a mezza voce, sottolinea la forza maggiore di certi avversari e che il progetto ha bisogno di tempo. Sì, ma quanto? Non vorremmo che il tempo a disposizione (13 gare più eventuali playout) non sia sufficiente. Nel qual caso si farebbero due salti indietro, non uno. Con tanti saluti, in caso di retrocessione in C, alla bella e orgogliosa progettualità.
Non si tratta di essere gufi, negativi, pessimisti o ottimisti. Occorre valutare con serenità, da parte di tutti, la situazione. Che non è drammatica ma merita di essere attenzionata. Questa spaccatura che si rischia di creare con l’integralismo del tecnico, l’eccessiva sfiducia della gente nel suo gioco ed il silenzio di una società nella quale di fatto l’unico referente è Piccoli non porta da nessuna parte. Occorre ricompattarsi in questi ultimi due mesi. Occorre che ognuno faccia un passo indietro. Il pubblico certamente ma anche l’allenatore che può e deve valutare ogni correzione alla sua idea di gioco. Non significa snaturarsi, semplicemente prendere atto che per arrivare a destinazione, a volte, possono essere prese strade diverse. Perché l’arrivo oppure no nel porto della salvezza non é un dettaglio. Può cambiare la storia futura del club. E stavolta onestamente, dati i presupposti di partenza, sarebbe un enorme peccato gettare tutto a mare.