27 gennaio 2002, apparentemente una domenica di Serie A come tutte le altre. Calcio di inizio previsto per le ore 15.00, giornata soleggiata, buon riscontro di pubblico sugli spalti. Per il Brescia una trasferta ostica sul campo del Lecce, in uno scontro diretto da non fallire.
Quel Lecce-Brescia però non sarà mai una partita come le altre. Quattro giorni prima la morte di Vittorio Mero sconvolge le Rondinelle, con la notizia della scomparsa che arriva pochi minuti prima dell’impegno di Coppa Italia a Parma, mentre i giocatori si apprestavano a scendere in campo. Gara rinviata, ma il carrozzone calcio non si ferma e una partita, la prima senza Vittorio, un giorno o l’altro andrà disputata. Il calendario presenta l’impegno in Salento, in uno dei momenti più dolorosi di tutta la storia biancoblu.
Pensi a quella partita e ricordi Emanuele Filippini, in gol al novantesimo e in lacrime per il condensato di emozioni derivanti. Lo ammette lui stesso, il mix di sensazioni fu difficile da gestire. Sarebbe stato bello vederlo tornare a Lecce sulla panchina del Ciliverghe, ma da un lato è come se fosse così. Anche grazie al suo lavoro, il sodalizio gialloblu si è garantito la possibilità di accedere al primo turno di Coppa Italia e il destino, che nel mondo del pallone è un’entità da non sottovalutare, ha riservato proprio la squadra giallorossa.
“Per certi versi sarò comunque vicino alla squadra” – spiega Emanuele, nuovo tecnico dell’Imolese – “visto che domenica giocheremo a Brindisi contro la Virtus Francavilla. A Imola mi sto trovando benissimo e dopo il periodo di preparazione c’è entusiasmo e curiosità di scoprire le carte nel primo vero impegno. Mi fa poi davvero piacere che il Ciliverghe possa affrontare una gara ufficiale in un palcoscenico così prestigioso, è uno stadio da Serie A in cui per la società e per l’ambiente in generale sarà bellissimo mettere piede. Se lo meritano ed è un bel premio dopo una grande annata, sarò sempre riconoscente per avermi dato la possibilità di allenare in Serie D”.
Uno stadio a cui lo stesso Filippini rimarrà legato a vita in maniera indissolubile: “Il Via del Mare è stato teatro per me di gioie e dolori. Sicuramente la soddisfazione della prima rete in Serie A con la maglia del Brescia, ma subito dopo aver realizzato il gol sono scoppiato in lacrime pensando a Vittorio. Eravamo compagni di stanza ed è inutile sottolineare il rapporto che ci univa. La sua scomparsa fu un enorme dolore, ma il destino volle che proprio quel giorno segnai il primo e ultimo gol in Serie A con la maglia del Brescia. Una rete se vogliamo anche difficile, con una finta per saltare il portiere e depositare il pallone a porta vuota. Tra l’altro fu il gol dell’1-3, il numero di maglia di Vittorio era il 13. Cose che fanno pensare e lasciano il segno”.
Per il Brescia ovviamente non fu facile prepararsi a quell’incontro: “Oltre al gol, il momento che ricordo maggiormente è l’abbraccio intorno alla maglia di Mero. Cercavamo con il contatto fisico di trasmetterci forza a vicenda, di trovare le motivazioni per onorare al meglio il ricordo di Vittorio. Incrociavamo gli sguardi per trovare energia tra di noi, visto che in generale, anche nello spogliatoio prima della partita, c’era grande silenzio. Le parole da dire erano poche, ognuno si rinchiudeva in sé stesso, quando si perde un parente o nel nostro caso un compagno di squadra la voglia di parlare è pari a zero. Dentro di noi sapevamo però di voler onorare la memoria di Vittorio e quell’abbraccio ci diede la forza per riuscirci”.
Anche il pubblico di Lecce si comportò con grande correttezza: “A volte in Italia siamo abituati a scene pessime persino in caso di lutti. Il pubblico leccese invece applaudì e comprese il momento, nemmeno dopo i gol o a fine partita ci furono fischi o insulti. Un popolo molto umano che anche in quell’occasione si rivelò piuttosto educato”.
Le parole di Mazzone, tra l’altro ex leccese, si rivelarono profetiche: “Ci disse che quella settimana avrebbe reso il nostro legame più solido e a distanza di trent’anni avremmo ricordato ogni dettaglio. Aveva proprio ragione, devo dire che quando sento o rivedo i compagni di quel campionato c’è grande affetto, un affetto maggiore rispetto a compagni di altre annate.” Il ricordo di Vittorio e di quel pomeriggio al Via del Mare unisce ancora.